Benvenuto nel mio blog: Filosofia e Poesia per la Vita

Questo blog nasce da una passione per la filosofia e la poesia coltivate ormai da lungo tempo e come tali intimamente legate all'esistenza, al mio modo di vedere il mondo.
Alla filosofia devo la capacità di indagare ciò che mi circonda in un viaggio che permette un divenire che non cristallizza il pensiero; al contrario la vera ricchezza di un percorso non è la meta ma il processo stesso alla conoscenza e alla condivisione di ciò che via via si apprende.
Alla poesia credo che tutti siamo debitori della bellezza e della musicalità con cui riveste la vita; grazie ad essa si comprende il potere evocativo della parola, la sintesi emotiva e razionale che possono essere racchiusi in pochi versi.
Invito chiunque voglia condividere questi interessi a colloquiare sui temi da me o da altri esposti perchè ognuno esprima il proprio pensiero nel rispetto di quello altrui, tenendo fede, cioè, alla finalità del dialogo filosofico.

giovedì 10 dicembre 2009

La vita come apparenza: Schopenhauer e Leopardi


Il tema schopenhaueriano della vita come apparenza, vanità e dolore chiama in causa Leopardi, accomunato a Schopenhauer per quanto riguarda le tematiche, ma distinto per quanto riguarda il metodo d'indagine, ovvero il punto di vista da cui viene guardata la realtà, in un caso da filosofo, nell'altro da poeta: "Quasi nello stesso tempo l'uno creava la metafisica e l'altro la poesia del dolore", afferma il De Sanctis quando ancora non so conosce lo Zibaldone di pensieri, un'imponente raccolta di matreriali diversi, osservazioni, appunti e ricerche a cui il poeta aveva lavorato fra il 1817 e il 1832.
Proprio in queste pagine dello Zibaldone emergono alcune considerazioni sulla vicinanza tra il metodo del poeta e quello del filosofo, un metodo analogico e comparativo, non dimostrativo come quello della scienza, ribaltando completamente il suo punto di vista espresso nelle opere giovanili. Secondo Leopardi il vero filosofo non può limitarsi alle verità della ragione astratta, ma deve guardare alla realtà concreta, ai fatti empirici, alimentando il proprio pensiero alla fonte dell'immaginazione, tipica della poesia.
Al di là del metodo, sussistono ulteriori differenze di fondo tra Schopenhauer e Leopardi nella concezione generale della realtà a proposito della materia. Infatti mentre per il primo la materia è la manifestazione della volontà quale forza universale che si trova al di là del mondo, sostenendo così una visione dualistica dell'esistente per cui il mondo in cui viviamo è la rappresentazione del mondo della volontà; per il poeta che si rifa alla concezione materialistica tipica dell'Illuminismo, tutta la realtà, anche quella spirituale è ricondotta alla materia dalla quale pure scaturisce il pensiero. Nella formula perentoria del De Sanctis, l'uno è spiritualista , il secondo è materialista.
In realtà vi sono punti di contatto e interessi condivisi tra i due pensatori: la critica del progresso( o con le parole di Leopardi nella Ginestra il disincanto di fronte alle "magnifiche sorti progressive" dell'umanità), l'analisi della noia, la denuncia del dolore e della problematicità dell'esistenza, il valore della compassione universale. Ma questi temi si inscrivono in una diversa visione complessiva del mondo e della condizione umana: al percorso di liberazione tracciato dal filosofo che culmina nel nulla del Nirvana, Leopardi oppone il valore dell'azione contro l'egoismo, l'indifferenza, le "vie d'uscita " puramente contemplative e solitarie, in nome della solidarietà umana, che nella Ginestra diventa appello a tutti gli uomini perchè lottino insieme, pur consapevoli della sconfitta, contro la natura ostile.
La ginestra o fiore del deserto
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste.
E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, doveE la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
(G. Leopardi, La Ginestra o fiore del deserto, versi 297-317)

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