Benvenuto nel mio blog: Filosofia e Poesia per la Vita

Questo blog nasce da una passione per la filosofia e la poesia coltivate ormai da lungo tempo e come tali intimamente legate all'esistenza, al mio modo di vedere il mondo.
Alla filosofia devo la capacità di indagare ciò che mi circonda in un viaggio che permette un divenire che non cristallizza il pensiero; al contrario la vera ricchezza di un percorso non è la meta ma il processo stesso alla conoscenza e alla condivisione di ciò che via via si apprende.
Alla poesia credo che tutti siamo debitori della bellezza e della musicalità con cui riveste la vita; grazie ad essa si comprende il potere evocativo della parola, la sintesi emotiva e razionale che possono essere racchiusi in pochi versi.
Invito chiunque voglia condividere questi interessi a colloquiare sui temi da me o da altri esposti perchè ognuno esprima il proprio pensiero nel rispetto di quello altrui, tenendo fede, cioè, alla finalità del dialogo filosofico.

venerdì 17 febbraio 2012

mercoledì 13 gennaio 2010

Daniel Pennac "Diario di scuola": la scuola come possibilità


Credo sia nota a tutti la particolare bellezza di questo libro di Pennac che tanto illumina, scandaglia e ironizza sul mondo della scuola, del rapporto tra insegnanti e alunni, scrostandolo tanto della sua patina autorevole, tanto delle consuete critiche che attraversano sia il versante docente che quello discente.Per ogni insegnante vale la pena soffermarsi sulla propria vocazione che nuove da una semplice domanda "quanto credi che l'insegnamento possa cambiare la vita di un allievo?", solo chi ha vissuto sulla propria pelle questa esperienza che si definisce come un vero e proprio trapasso dall'immagine mediocre che di se stessi si ha, ad un'immagine di persona che ha peculariatà che non si ritrovano in altre, che ha un suo posto preciso e visibile agli altri, che questi altri diventano uno specchio che rimanda un essere capace di esprimere se stesso. Ma cosa intendiamo per cambiargli la vita? certo nessun potere di redenzione, quanto piuttosto credere di poter consegnare loro gli strumenti attraverso cui siano in grado di avere una propria visione del mondo e di poterlo cambiare.
In particolare a chi dovremmo rivolgerci come insegnanti? A tutti i nostri studenti ma soprattutto a quelli che hanno maggiore difficoltà, a quelli che non vedono alcuna utilità in ciò che l'insegnante si limita a trasmettergli, a quelli che ti sfidano, a quelli che sembrano impermeabili ad ogni nostra sollecitazione, insomma quelli che Pennac chiama i somari . E' a questo punto che smettiamo di chiederci se questo singolo allievo è fatto per la scuola e siamo finalmente pronti a metterci in discussione e a chiederci se questa scuola è fatta per il noistro allievo, in altri termini cominciamo a fare il nostro lavoro, cominciamo a rendere possibile quello che il nostro allievo crede un avvenire inaccessibile.

domenica 20 dicembre 2009

BUONE FESTE AL PROF. BALOCCO (cognome adattissimo alla festività)

AUGURI



IL CONCETTO DI PERSONA E IL DIBATTITO ODIERNO

Riprendo brevemente le dispense del prof. Enrico Berti a proposito della genesi e dello sviluppo del concetto di persona nella storia del pensiero occidentale, per tracciarne una sintetica riflessione sul significato filosofico attribuito dal pensiero odierno dopo Kant.
Un panorama delle diverse posizioni che si affrontano nel dibattito odierno intorno alla persona incontra la stessa difficoltà che si presenta ad ogni tentativo di esporre il pensiero contemporaneo, qualunque sia l'aspetto sotto il quale viene considerato. "Mi sembra tuttavia di poter distinguere almeno quattro linee di tendenza, intorno a cui si raggruppano le posizioni odierne: a) le filosofie che, pur senza essere dei veri e propri personalismi, tuttavia riconoscono il valore della persona" . Tra queste ricordiamo in Germania la posizione di Schelher che nell'ambito della sua "etica materiale dei valori" considera la persona come il "portatore dei valori"; e di Jaspers, di tendenza esistenzialistica, concepisce l'esistenza come un "essere persona", ma non nel senso di un essere già dato, bensì nel senso di ciò che si deve diventare. Ricordiamo l'esistenzialismo di Sartre ed il neotomismo di Maritain in Francia; in Italia, Zamboni, Capograssi, La Pira e Pareyson. "b) i personalismi , , cioè le filosofie che sono interamente incentrate sul concetto di persona e lo assumono come proprio fondamento" . Ci riferiamo principalmente al personalismo francese rappresentato soprettutto da Monier, ripreso anche da Berdiaev, Lacroix e Nédoncelle. In Italia questa filosofia si diffonde dopo la crisi dell'attualiusmo Gentiliano con Carlini, Sciacca, Guzzo e Battaglia. Diverso il caso di Stefanini che pur incentrando la sua filosofia sulla persona non rifiuta le categorie della metafisica classica(inseità, perseità, razionalità) per meglio specificare tale concetto. c) "le filosofie che negano l'esistenza, o la conoscibilità, o il valore della persona", in cui Berti fa rientrare Nietzsche, Heidegger e Vattimo, Deluze e Guattari, Skinner. d) "le diverse forme di ritorno alla persona o, più propriamente, di riscoperta della persona" in cui emergono Hannah Arendt, Apel Habermas, dal neurologo Eccles e dagli esiti della filosofia analitica angloamericana di Frege, Strawson, Kripke e Wiggins.

sabato 19 dicembre 2009

LA GENESI TEOLOGICA DEL CONCETTO DI PERSONA (liberamente tratto dalle dispense di Enrico Berti)

Sembra che non ci siano dubbi circa l'origine del termine latino persona dall'etrusco fersu, che significa maschera, esattamente come il greco pròsopon , che letteralmente significa ciò che sta davanti (pros) allo sguardo (opè) , cioè l'aspetto, il volto.
Dal termine maschera, comica o tragica, il termine persona è passato poi a significare il personaggio che l'attore rappresenta nel dramma, ovvero il carattere, la parte che un uomo sostiene nella società. In generale nell'antichità, sia greca che romana, la persona indica l'individuo umano soggetto di diritti, in quanto cosciente e responsabile di sé (il nostro"capace d'intendere e volere).
Questo individuo riceve una straordinaria valorizzazione dal cristianesimo, che ne sottolinea la singolarità, cioè l'insostituibilità nell'economia della salvezza.
Il concetto entra nel lessico colto attraverso la teologia, quando Tertulliano per la prima volta lo applica alla Trinità divina, indicando che in essa vi sono tre personae, una substantia. In questo caso il termine persona significa individuo concreto, cioè sussistente, che si manifesta nel suo agire e nel suo parlare, mentre il termine substantia equivale al greco ousìa, inteso come essenza, cioè come naturaa più individui ed uguale in tutti.
Ovviamente il sognificato di questo termine ha dato luogo a forti controversie, basti pensare alla teologia greca con Origene e all'eresia di Ario che sosteneva riguardo alla Trinità che si trattasse di tre hypostàseis disposte in scala discendente , dove ovviamente hypostàseis o ousìai , non indicano un'essenza comune. Solo con il Concilio di Costantinopoli nel 369 codifica definitivamente come "una ousìa in tre hypostàseis" , usando in luogo di quest'ultimo termine anche pròsopa , cioè "persone", e stabilendo in tal modo l'equivalenza di "ipostasi" e "persona". In questa formula ousìa significa evidentemente essenza, cioè natura divina, e persona significa individuazione della natura divina, natura divina sussistente in un individuo.

mercoledì 16 dicembre 2009

Origine del concetto di persona nella storia del pensiero occidentale


Nell'iter formativo universitario che ho affrontato a Padova non posso non ricordare uno dei corsi più belli ed interessanti che abbia avuto modo di seguire, quello di Storia della Filosofia del professor Enrico Berti sull'Identità e persona nel pensiero contemporaneo.
La riflessione sul concetto di persona è ormai un'esigenza inalienabile perchè a fondamento di importanti orientamenti bioetici, di considerazioni politiche e di impostazioni morali che investono tanto la sfera del privato quanto la sfera dell'azione sociale, estendendosi in questo senso anche all'etica ed oltre, come accennerò ripercorrendo molto sinteticamente le parti importanti delle dispense che conservo come un grande tesoro.
Le vicende storiche del concetto di persona portano ad una curiosa constatazione, cioè che quanto più è andata accentuandosi la consapevolezza del valore della persona dal punto di vista morale e giuridico (il vertice è rappresentato da Kant) tanto più è entrata in crisi la convinzione del suo spessore ontologico, cioè del suo carattere di sostanza, di soggetto irriducibile alle sue attività. Proprio questa sfasatura ha contribuito a recuperare da qualche tempo al recupero di quello spessore come condizione necessaria a spiegare fenomeni fondamentali, quali la comunicazione intersoggettiva e la persistenza dell'identità personale.
Infatti si può concordare sull'idea che, se la persona non è sostanza, ben difficilmente può rendere ragione dei fenomeni che la riguardano e questo per motivi di ordine conoscitivi prima che di ordine pratico.
Si è scoperta la necessità "di tornare alla concezione classica, secondo la quale la persona è una sostanza individuale, cioè un substens , di natura razionale, cioè intenzionata all'universale e quindi libera nei confronti di ogni condizionamento particolare" . Pur non soddisfando in tutto le esigenze odierne evocate dalle nuove scienze (antropologia, psicologia etc.), la concezione classica è da questo punto di vista aperta e suscettibile di integrazioni.
Oggi Berti ritiene fondamentale approfondire, dal punto di vista specificatamente filosofico, il concetto di natura umana che non sempre si comprende come indissolubilmente legato al concetto di vita umana, "per cui la natura umana qualifica il soggetto come persona sin dal momento in cui esso inizia a vivere...non è sensato sostenere che l'uomo è solo un aggregato di cellule, perchè in tal modo ci si lascia sfuggire proprio ciò che le tiene innsieme e le fa essere un organismo unico , dotato di un'identica vita, cioè appunto un uomo; ne è sensato pensare che lo zigote è una cellula come le altre, poichè da essa si sviluppal'intero organismo, mentre dalle altre ciò non accade".
Come potete immaginare queste parole non lasciavano indifferenti noi studenti, accalcati in una delle aule più grandi del Liviano, pronti a discuterne subito dopo tra noi. In quei momenti avevo la netta percezione che stavamo facendo tutti insieme filosofia. Ero molto felice.

martedì 15 dicembre 2009

Il "Don Giovanni" di Mozart attraverso la filosofia di Kierkegaard


Desta in me molta curiosità l'attenzione la modalità con cui un filosofo come Kierkegaard, giovane, tormentato, irrequieto colga in chiave filosofica la distinzione tra amore che coinvolge la totalità dell'uomo e quello effimero, disinteressato dell'amore sensuale che noi oggi definiremmo "ridotto alla sfera sessuale". Con il don Giovanni, nella cui figura il desiderio è assolutamente determinato come tale, si apre lo spazio in cui può agire la capacità di seduzione. Come seduttore, sostiene Kierkegaard, l'amore di don Giovanni è sensuale e non psichico, è l'amore sensuale che per sua stessa natura non è fedele, al contrario "è privo di fede, non ama una ma tutte, vale a dire seduce tutte. Esso infatti è soltanto nel momento, ma il momento è concettualmente pensato come la somma dei momenti" .
Mentre l'amore che fa riferimento alla psiche, ossia all'anima, è amore fedele e non si riduce come l'amore sensuale al fatto che "resta sempre una ripetizione" . L'amore psichico ha in sé il dubbio, l'inquietudine, s'interroga se sarà felice, se vedrà soddisfatto il proprio desiderio, al contrario dell'amore sensuale che non ha preoccupazioni.
Ma Kierkegaard getta uno sguardo più profondo nel sottolineare la differenza tra l'amore psichico definito "qualitativo"ossia attento all'individualità e sussistente nel tempo, e l'amore sensuale, "quantitativo" per cui la femminilità è completamente astratta, ed è sparizione nel tempo, e per il quale l'unico mediatore capace di esprimerlo è proprio la musica. Quest'ultima, infatti, "è adattissima a far questo perchè più astratta del linguaggio, e quindi non dice il singolare ma l'universale ma l'universale in tutta la sua universalità" che, tuttavia, non è raggiunta attraverso la riflessione astratta, bensì nella concreta immediatezza. Per il protagonista, infatti, certe differenze non valgono tanto da affermare "Io non sono affatto un marito che ha bisogno di una fanciulla straordinaria per essere felice, ciò che mi rende felice l'ha ogni fanciulla e quindi le prendo tutte"(verso tratto dall'op. mozartiana composta sul libretto di Lorenzo Da Ponte). Dunque quello che Don Giovanni cerca non è lo straordinario , ma l'ordinario, ciò che ogni donna ha in comune con ogni altra donna.
A questo punto il filosofo s'interroga sul potere seducente dell'esteta che non fa leva su una strategia "qualitativa" e individualizzante per conquistare i suoi oggetti del desiderio per concludere che questa sua forza "E' quella del desiderio, l'energia del desiderio sensuale. In ogni donna egli desidera la femminilità tutt'intera, è sta lì la potenza sensualmente idealizzante con la quale in un sol colèpo abbellisce ed espugna la sua preda. Il riflesso di questa gigantesca passione abbellisce e perfeziona il desiderato, che rispecchiando in essa, arrossisce di accresciuta bellezza. come il fuoco dell'entusiasmo illumina con seducente splendore anche quegli estranei che si trovino in rapporto con lui, così don Giovanni trasfigura ogni fanciulla, ma in un senso molto più profondo, poichè il suo rapporto con lei è un che d'essenziale. Per lui scompaiono dunque le differenze finite di fronte a quella che è la cosa più importante: una donna"