
Dal termine maschera, comica o tragica, il termine persona è passato poi a significare il personaggio che l'attore rappresenta nel dramma, ovvero il carattere, la parte che un uomo sostiene nella società. In generale nell'antichità, sia greca che romana, la persona indica l'individuo umano soggetto di diritti, in quanto cosciente e responsabile di sé (il nostro"capace d'intendere e volere).
Questo individuo riceve una straordinaria valorizzazione dal cristianesimo, che ne sottolinea la singolarità, cioè l'insostituibilità nell'economia della salvezza.
Il concetto entra nel lessico colto attraverso la teologia, quando Tertulliano per la prima volta lo applica alla Trinità divina, indicando che in essa vi sono tre personae, una substantia. In questo caso il termine persona significa individuo concreto, cioè sussistente, che si manifesta nel suo agire e nel suo parlare, mentre il termine substantia equivale al greco ousìa, inteso come essenza, cioè come naturaa più individui ed uguale in tutti.
Ovviamente il sognificato di questo termine ha dato luogo a forti controversie, basti pensare alla teologia greca con Origene e all'eresia di Ario che sosteneva riguardo alla Trinità che si trattasse di tre hypostàseis disposte in scala discendente , dove ovviamente hypostàseis o ousìai , non indicano un'essenza comune. Solo con il Concilio di Costantinopoli nel 369 codifica definitivamente come "una ousìa in tre hypostàseis" , usando in luogo di quest'ultimo termine anche pròsopa , cioè "persone", e stabilendo in tal modo l'equivalenza di "ipostasi" e "persona". In questa formula ousìa significa evidentemente essenza, cioè natura divina, e persona significa individuazione della natura divina, natura divina sussistente in un individuo.
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