Oggi i canoni della beltà sono proposti dai media che, con potere oserei dire sovrano, impongono una bellezza quale sinonimo di corpo costruito a tavolino ed adeguatamente esibito, tanto da aver generato da un lato una nidiata di ragazzine che sembrano tutte sorelle gemelle, dall'altro una schiera di "lolita" cinquantenni dai visi tirati e lo stesso sguardo da miciona felice.
In altri termini, si teorizza che la bellezza passi unicamente attraverso il corpo!
Eppure affacciandosi al mondo antico stupisce un'idea di bellezza lontana dal potere demiurgico del bisturi pronto a misurare, tagliare, aggiungere e levigare, secondo una geometria del corpo finalizzata a cancellare le tracce di un passato che rende ciò che un individuo nella sua unicità è.
Elena di Troia, incarnazione per eccellenza della bellezza dall'antichità sino ad oggi , ha come demiurgo delle sue fattezze unicamente il poeta. Ne è l'esempio Omero che, nel richiamare l'avvenenza di Elena, le conferisce un fascino poetico e demoniaco allo tempo stesso; la sua bellezza attraversa e in qualche modo supera il corpo come pura esteriorità.
Il suo fascino non si riduce ad alcuna descrizione fisica, nessun verso riduce la mitica figura a particolari riguardanti unicamente il suo aspetto esteriore; eppure quei versi evocano ugualmente il potere ferino lasciando che l'immaginazione di ognuno ne disegni le movenze, ne rintracci i pericolosi effetti nella funzione pervertitrice del logos maschile.
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